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OLIVIERO GESSAROLI

L'equilibrio 

che è armonia

Artista votato al paesaggio, 

ogni paesaggio è anche un ritratto.

Lo specchio del paesaggio

   Il paesaggio, reale e trasfigurato, appare immediato nei quadri di Oliviero Gessaroli. Non è difficile riconoscere le colline del Montefeltro, dell’intorno urbinate, le rotondità, l’improvviso sovrapporsi di un rilievo all’altro, le fughe dei pendii, una casa rossa, una strada bianca in mezzo alle sfumature di verdi e gialli i più diversi, intensi tanto da arrivare al viola autunnale o al violaceo dei tramonti, o talmente lievi da prefigurare un inizio di primavera, un’alba. 

   La calma sembra abitare dentro i paesaggi visti nel loro insieme in mostra. Ma, fermando lo sguardo su ognuno, vi si intravede un alito di vento che li muove, una brezza a renderli vivi. E non è allucinazione soggettiva, del riguardante, quanto invece il risultato di un lavoro del pittore fin dall’inizio, quando la carta è sotto di sé, quando chinato sul foglio, si immagina e non può non essere così, comincia a tracciare segni, a direzionare linee, a cercare un punto di loro confluenza o di distanza. Segni indistinguibili, alla fine, eppure leggerissimamente in emersione dalla superficie. Il quadro nasce non conoscendo il pensiero che dovrebbe dirigerlo. Si fa da sé, per così dire, come il verso di una poesia non a tavolino. Procede sotto la mano. 

   Incisione, penna e matita, pennino, pennello, pastelli, acquarello, olio, acrilico: tecniche diverse spesso mescolate, su carta martellata. Il colore penetra negli spazi invisibili della carta, anzi è la carta a partecipare del colore, a tenerlo, a farlo proprio. Il rettangolo, il quadrato cartaceo assume piano piano un colore su una figura geometrica, su alcune linee spaziate e conchiuse. Si distende, allora, in una forma definita: ma ancora viene lavorato, ripreso, variato. L’orizzonte azzurro lo conclude. 

   Il paesaggio non ha più a questo punto, o non ha in modo diretto (nemmeno nei titoli), il suo luogo di ispirazione, diventando luogo di elezione, di scelta interiore – solitudine o pacificazione che sia, sogno o ricordo – specchio di un luogo ideale o luogo perduto e ritrovato nella memoria, nel desiderio di un a parte rispetto al già conosciuto, all’esperito. L’infinito lo accoglie o è il paesaggio ad accogliere l’infinito. E si può soltanto ascoltare il silenzio. 

 

Urbino, 20 luglio 2022 

Maria Lenti