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OLIVIERO GESSAROLI

L'equilibrio 

che è armonia

Artista votato al paesaggio, 

ogni paesaggio è anche un ritratto.

Gessaroli Oliviero: la sapienza del cuore 

    La prima riflessione che mi viene in mente nel guardare le opere di Olviero Gerssaroli è la sua profonda conoscenza della materia, o meglio delle materie del suo lavoro. Una consapevolezza tale che consente al suo processo creativo una percorso immediato tra la mano, o le mani e la matassa del suo cervello, in quel luogo dove ci sono le emozioni e il pensiero logico e razionale: dalle terre della ceramica, al legno, al plexiglas, alle resine, all’inchiostro, alla carta, al bulino, alla china, alle matite colorate, al pennino, alle alchimie dell’acquerello. Un possesso linguistico ricco come può essere quello del ricco vocabolario di uno scrittore, di un poeta, o quello degli strumenti di un compositore di uno spartito. E tutto questo per arrivare alla forma, al racconto che usa i linguaggi consolidati dell’astrazione, dell’informale per arrivare al ruolo dello sguardo e alla riflessione sullo spazio, al Big Bang, alla sua espansione spiraliforme, allo sguardo prolungato di un territorio frequentato per lungo tempo, coi segni o con le macchie che comunque portano nei titoli dei contenuti narrativi. Cito, scegliendo una delle tante opere, l’acquerello che ha per titolo San Bartolo dove il pensiero delle macchie va alla pelle del santo scorticato vivo. Si avverte la frequentazione della grafica nelle geometrie, ad indicare l’esigenza della misura, o se si vuole delle misure, dell’equilibrio, dell’ordine, di segni gestiti con la sicurezza della mano certosina, contestuale al piacere, alla gioia del giostrare insieme i segni grafici, che richiedono lentezza, e le macchie di colore, frutto di immediatezza, con un ciclico ritorno all’osservazione dei fenomeni che quotidianamente la natura ci offre, per arrivare a giocare con il proprio io in un titolo “Frammenti di sé”, una sorta di traduzione segnica dell’inconscio. Conta la frequenza dell’incisione, dei segni e della polvere in una lastra di acquaforte e di acquatinta: una ricchezza che solo chi frequenta il bulino e il torchio ha in più rispetto a chi si mette davanti ad un cavalletto. Da qui “Tra le nuvole”o“ Sotto una macchia di luna”. Il possesso delle materie gli consente la raffinata eleganza delle vibrazioni della carta dialoganti con la gestualità dei segni e dei lenti disegni di linee fitte e dense. Memorie kandiskiane, kleeiane, di bandiere della Pop americana e macchie possono trovare riscontro negli aquiloni o in allusioni tragiche di Eschilo. Tutto ciò non è assiomatico nel definire cos’è l’arte. Le memorie e lo sguardo ci riportano ai luoghi, a Urbino, ai suoi bastioni, alla campagna, impressionisticamente tracciata col segno, con la larga matita litografica e con le tecniche miste riferite al paesaggio reso sopra le righe rispetto ad una veduta naturalistica; distillati di colori, frutto di un lavoro lenticolare, di variazioni impercettibili nei graduali passaggi dello stesso colore e nell’assenza di una linea netta che definisca il paesaggio collinare talvolta popolato di alberi, o quello di scogli e spiagge lagunari con colori ora caldi ora freddi, dai rossi agli aranci, ai verdi, agli azzurri, ai blu, ai grigi, a voler registrare i vari colori della luce dall’alba al tramonto, alla notte. Tutto è morbido e fluttuante in una carta che nella sua materia fa la sua parte da coprotagonista, un sogno a occhi aperti, immaginato en plein air e talvolta anche a voler rappresentare un puro stato d’animo. Penso a certi lavori di Salvo in questa esemplificazione fiabesca, nella oscillazione tra rigore razionale e voglia di abbandonarsi ai palpiti del cuore a contatto con la storia della forma, di cui Urbino vanta una lunga tradizione e la natura che la circonda. 

 

Ragusa, 28 luglio 2023 

 

Paolo Nifosì