OLIVIERO GESSAROLI
L'equilibrio
che è armonia
Artista votato al paesaggio,
ogni paesaggio è anche un ritratto.
L’attuale dibattito sull’intelligenza artificiale e sulle sue possibili applicazioni anche nel campo specifico delle arti visive, impone una seria riflessione su quale sia il destino dell’arte, su quale sarà il ruolo che l’artista dovrà ricoprire all’interno di una società altamente tecnologica, in rapida espansione ed evoluzione; e quali saranno i valori culturali, estetici, etici e noetici che si vorranno perseguire utilizzando questo potente mezzo tecnologico, in grado di replicare le funzioni prettamente umane, come il ragionamento, la pianificazione e la risoluzione dei problemi, l’apprendimento e la creatività. Evidentemente, anche le tecniche e i linguaggi formali deputati alla libera espressione delle nostre idee, dei nostri sentimenti, delle nostre necessità immaginifiche e trascendenti, fisiche e metafisiche, nonché le tradizionali categorie estetiche che ad essi abitualmente correliamo, subiranno una probabile per quanto necessaria e inevitabile trasformazione, i cui sviluppi e le cui conseguenze non siamo, però, ancora in grado di prevedere e comprendere in tutta la loro evenienza e portata.
Tale premessa potrà apparire impropria se non fuori luogo in questo particolare contesto celebrativo ma, invece, si impone ed anzi appare indispensabile quando si giunge, come nel nostro caso, a rivolgere lo sguardo critico verso quelle opere e quegli artefici dell’arte del nostro tempo, particolarmente attivi nel settore delle arti visive e in special modo nella ricerca pittorica e in quella grafica che, per l’esegesi più avvertita, sono approdati sugli impervi scogli della nostra contemporaneità, dando una convincente dimostrazione di quell’intelligenza creativa, tutta di natura “umana”, che ancora ci consola e riscuote generale approvazione e unanimi consensi. È questo il caso che ci sovviene, ad esempio, rileggendo l’opera di Oliviero Gessaroli, uno di quei rari artisti che, con sensibilità e intelligenza, perizia e competenza, esprime i migliori sentimenti di una pittura e di un linguaggio grafico che, pur riallacciandosi al ortodossia di una tradizione secolare, ne coniugano i contenuti in una sorta di rinnovamento tecnologico e costante aggiornamento linguistico. Oliviero Gessaroli è figlio di una generazione di artisti urbinati nati e cresciuti all’ombra dei Torricini. La sua prima formazione intellettuale e artistica, infatti, si contempla presso la celeberrima Scuola del Libro di Urbino, che nella sede storica di Palazzo Ducale ebbe la sua più felice e feconda dimora. Formazione che avvenne nei primi anni Settanta, sotto l’alto magistero e le amorevoli cure pedagogiche di Carlo Ceci. Di quel fertile alunnato purtroppo rimangono rare prove litografiche e ancor meno pittoriche, che ancora oggi pochi e selezionati compagni di scuola, conservano assai gelosamente nelle loro raccolte private e che andrebbero, giustamente, recuperate e valorizzate. Dopo una fase iniziale assai promettente, per quanto già satura di futuri sviluppi, la sua attività creativa sembrava, invece, andarsi ad inaridire verso altri lidi, di studi universitari in scienze geologiche, in impegni lavorativi e attività professionali collaterali, quali il disegno tecnico di reperti e siti archeologici, l’avvio di una stamperia e di una casa editrice “Il Colle”, specializzata nella produzione di sofisticati libri d’artista, nonché l’impiego quale disegnatore presso l’Ufficio Tecnico dell’Ateneo Urbinate; attività che in qualche modo ne distraevano il talento creativo, tanto da far supporre una sua
inaspettata e inopinabile perdita. Invece, tali esperienze, sappiamo ora, alla luce dei risultati visibili in questa curatissima mostra di lavori grafici e pittorici recenti, si tramutarono in un incessante arricchimento della sua già ricca sensibilità estetica, del suo gusto per la bella pagina pittorica, per il bel segno grafico, curato nella resa dei dettagli, nella scelta dei rapporti formali, funzionali alla restituzione dell’emozione espressiva; insomma, di tutte quelle virtù e “regole” compositive necessarie alla costruzione dell’opera d’arte e che certificano, una volta acquisite, l’avvenuta maturazione di una sintassi linguistica personale, funzionale alla definitiva formulazione di una propria, distinguibile per quanto autenticamente originale, cifra stilistica.
Ne sono una prova tangibile i bellissimi paesaggi dipinti nell’ultimo decennio della sua rinata attività creativa. Paesaggi delicati, dalle cromie preziose, dalle ricercate trasparenze luministiche, dalle silenziose e avvolgenti atmosfere. Paesaggi realizzati con grazia, con delicatezza estrema, perlopiù dipinti in quei piccoli formati che solitamente riteniamo più consoni alla pagina illustrata che alla pittura da cavalletto. Piccole e preziose liriche visive, che nella loro parentesi poetica sono capaci di restituire, intatto, quel senso di struggimento dei sensi, di passione per i minimi affetti, dove l’incorporeità della materia sensibile vibra di nuove emozioni e sentimenti, come vibra il capriccio della luce ai sussulti delle tenebre. Un mondo sospeso nel silenzio, nel vuoto delle trasparenze incorporee, nell’insostenibile leggerezza della perfezione e del vago sentire che, messi assieme, ci inducono a riflettere sulla precarietà della natura umana, sulla insostenibile fragilità della vita, quando la sua comprensione si affida alla transitorietà degli “affettuosi” ricordi. Nei paesaggi regna sovrana la calma umbratile della sera, la quiete del tramonto, il silenzio della lontananza, dei cieli pallidi e delle dolci colline marchigiane, dove nulla turba questa serena visione della natura e dove l’assenza della figura umana e foriera di una solitudine esistenziale, che si stempera dai toni cupi e drammatici, nella bellezza della pura contemplazione estatica. Il tema dell’infinito, centrale nella sua pittura come nella grafica, non è quello romantico, legato al concetto del sublime e dell’inappellabile assoluto. Per Gessaroli la linea dell’orizzonte non segna mai il limite oltre il quale si perde il sentimento, la ragione e la speranza; come non è mai confine fra luce e tenebre, fra l’ombra e il bagliore, fra materia incorporea e presenza fisica, ma passaggio graduale verso quell’assoluto quale limite indefinibile del nulla, di quel vuoto che ci opprime e al contempo ci esalta e fa cogliere il senso spirituale di ogni nostra immaginifica contemplazione. Per tali ragioni, Oliviero Gessaroli può considerarsi un degno erede di una tradizione figurativa, quella dei maestri urbinati del Novecento, profondamente legata al tema del paesaggio, dipinto o inciso sui formati ridotti della pagina che, partendo da Francesco Carnevali, si dipana fra i deliziosi meandri poetici di Carlo Ceci, di Leonardo Castellani, Dante Panni, Renato Bruscaglia e Adriano Calavalle. Le tecniche, che Oliviero Gessaroli applica con scrupolosa consapevolezza esecutiva, per il conseguimento dei valori estetici e formali prefissati in fase progettuale, sono combinate fra loro e spesso fa loro sovrapposte. Usa colori che possano restituire la qualità delle trasparenze, dell’impalpabile pulviscolo atmosferico, come il pastello ad olio solido, come la tempera magra, l’inchiostro di china, il gessetto colorato, in una strana combinazione di pittura grassa e magra, che talvolta interviene su impianti compositivi elaborati digitalmente al computer, che talvolta forniscono la base della sperimentazione visiva che Oliviero Gessaroli va conducendo, specie nelle ultime prove grafiche, sempre con somma perizia tecnica e consapevolezza dei propri mezzi espressivi. Gessaroli, infatti, è consapevole che l’ arte è fatta di mestiere, di conoscenze tecniche sopraffine, di complesse elaborazioni formali sostenute sempre dall’intelligenza creativa e dalla sensibilità estetica e che queste devono sempre confrontarsi con il progresso, con il rinnovamento tecnologico. Ecco, allora, prefigurarsi, nella sua opera, un utilizzo serio - perché motivato da esigenze espressive e non da capricci o scappatoie di natura tecnica ed esecutiva - e responsabile del mezzo di riproduzione digitale, che spesso interviene nella fase progettuale dell’elaborato pittorico e grafico, senza però distrarre energie da quella manualità esecutiva, che in Oliviero Gessaroli, come in pochi altri, è ancora sintomo di maestria e sensibilità.
In conclusione, dall’analisi dell’opera di Gessaroli esposta in questa selettiva rassegna di capolavori pittorici e grafici, emerge il dato incontrovertibile che se per arte intendiamo ancora qualcosa di bello, di piacevole e di utile al progresso del genere umano, intendiamo ancora qualcosa che dev’essere alieno ad ogni contaminazione dell’intelligenza artificiale, la cui creatività sintetica è priva di anima e sentimenti, giunta a noi attraverso l’uso sempre più invasivo e sconsiderato dei computer, degli iPad, dei tablet e delle macchine robotiche. IA che renderà, ne sono convinto, il nostro tempo presente sempre più inquieto, perché è già presago di future delizie e inevitabili sventure.
Un futuro, comunque, che appare sempre più restio a restituire quei frammenti di delicata bellezza che ancora oggi ci sorprendono ogniqualvolta volgiamo lo sguardo verso quella linea d’orizzonte che delimita il confine fra cielo e mare, fra ombra e luce, come il limite degli stessi, nostri, migliori sentimenti e pensieri, delle nostre maggiori passioni esistenziali, dei nostri sogni; bellezza verso la quale proiettiamo quel senso di consolazione e riscatto nei confronti di un nulla assoluto, che ci affligge perché posto quale varco finale della nostra stessa esistenza.
Urbino, 30 gennaio 2025
Roberto Budassi Dimarienzo